La Chirurgia nel XVIII° secolo
Nascita di una professione, quella di chirurgo.Nel corso del diciottesimo secolo il chirurgo urbano e d’elite rinunciò ad assortire le sue pratiche con quelle di barbiere, o addirittura di suppliziatore e di boia. Mirò a uno statuto più alto, pari in dignità a quello del medico, e lo raggiunse, o vi si avvicinò, sostenuto in Francia nella sua ascesa dalla solidarietà degli enciclopedisti, e dalla valorizzazione, che essi intrapresero, delle arti e della manualità.Ma la complicità ideologica non scaccia la paura dei ferri:d’Alembert, uno dei curatori dell’Encyclopédie”, preferì lasciarsi morire piuttosto che essere “tagliato per calcolo “. Lastoria del Chirurgo dei Lumi, questo “professionista emergente” del Settecento, con scrigni e cassette ricche di forbiti metalli, è carica di luci e di ombre, di successi tecnici e di abissi d’orrore.
Nel 1744, un chirurgo di provincia di nome Tostain, aiuto del primo chirurgo del re a Saint-Lo, in Normandia, inviò all’Accademia di Chirurgia di Parigi la descrizione di un’operazioneche aveva eseguito di recente su un bambino di nove anni affetto da calcoli alla vescica:
“…decisi di fare l’operazione, che mi sembrava ancora più difficile dato che il bambino era assai antipatico e cattivo, e all’inizio non ero sicuro che avesse un calcolo poiché non erapossibile esplorare con la sonda dentro quel carcinoma che non lasciava spazio. Anchequando riuscii a immobilizzare il bambino, ebbi difficoltà a localizzare il calcolo col miocatetere. Quando finalmente ci riuscii, volevo fare l’operazione laterale, ma dato che eraimpossibile muovere la sonda, dovetti decidermi per il “grand appareil”. L’impedimento misembrò tutt’altro che trascurabile: infatti, puntando il bisturi da litotomia verso l’incavo della sonda, incisi facilmente la pelle, ma dovetti passare avanti e indietro cinque o sei volte sulla membrana dell’uretra prima di riuscire ad arrivare a scoprire l’incavo. La cosa mi fece inveire un poco contro lo strumento e contro chi lo aveva affilato. Cambiai la lama due volte, e ebbi veramente difficoltà a completare l’incisione, dopodiché introdussi il gorgeret(un tipo di dilatatore) e con difficoltà dilatai l’incisione. Poi la cavità si aprì con forza esercitandovi uno sforzo violento. Non volli ritirare il gorgeret per paura di perdere la strada, dato che il bambino si contorceva violentemente contraendo il diaframma e i muscoliaddominali. Ma mi scoraggiai quando, introducendo il dito indice, sentii che il calcolo era attaccato in maniera così salda che non riuscivo affatto a muoverlo. Alla fine, lo afferrai e loestrassi, senza lasciarci alcun frammento. Il paziente venne colto da febbre subitanea. Cadde in un vaneggiamento delirante. Gli feci fare due salassi, ma senza risultato. La febbre non diminuì, e morì il martedì successivo …”(1)
Non c’è da stupirsi se l’Accademia scelse di lasciare questo orrendo resoconto di Tostaininedito nei suoi archivi. Esso mette infatti in evidenza, in modo fin troppo esplicito, il baratrodi orrore di un’importante operazione chirurgica nel secolo diciottesimo. Per parafrasare lafamosa osservazione del Dr. Samuel Johnson, quel che è notevole della chirurgia nel periodo precedente l’uso di efficaci antidolorifici o prima che si arrivasse a capire la causadell’infezione delle ferite, non è il fatto che fosse praticata male, ma semplicemente chefosse praticata. In un tempo in cui la parola “paziente” significava di solito un criminalesottoposto a tortura per mano di un boia (che spesso si trasformava anche in conciaossa)(2),lo sfortunato “paziente” di un chirurgo soffriva un’agonia simile.Il filosofo Denis Diderotconsigliava infatti di sostituire esperimenti chirurgici alle punizioni capitali, di modo che leesecuzioni servissero almeno a uno scopo costruttivo. Diderot stesso, andrebbe aggiunto,impallidiva all’idea, ma sperava che i chirurghi trovassero quelcoraggio che a lui mancava(3). I chirurghi eran ben consapevoli del terrore che incuteva il loro operato. Si dovrebbe prender ogni precauzione, scriveva Pierre Dionis, per tener nascosi alla vista gli strumenti chirurgici (4). Jacques Tenon insistè perché sipredisponesse una sala chirurgica separata all’Hòtel-Dieu a Parigi (probabilmente il luogo nel quale si effettuava la maggior parte di tutti gli interventi dell’intera Europa) così danascondere a quelli che aspettavano e a quelli che si stavano riprendendo da un’operazione la vista e i suoni della loro imminente o recente “tortura”(5) Solo a sentir nominare la parola “trapanazione” o “litotomia” i pazienti potevano spaventarsi al punto da rifiutare di sottoporsi a operazioni magari necessarie (6). Il collega di Diderot, Jean L Rond d’Alembert accettò la morte piuttosto che essere “tagliato per il calcolo”. E ci consta che perfino i chirurghi stessi abbiano spesso fatto altrettanto (7).Molti di quelli che riuscivano a sopravvivere per giorni o settimane a operazioni chirurgiche, morivano per infezioni post-operatorie, lasciando ichirurghi confusi e scoraggiati: “sembra difficile spiegare la causa che ha potuto produrre tutti gli inconvenienti sopraggiunti dopo l’operazione”, scrisse un chirurgo dell’ospedale della Carità di Parigi riguardo ad uno dei sei decessi su una serie di dodici
pazienti operati per calcoli, il12maggio 1737. In circostanze del genere, si è portati achiedersi come mai ci fosse chi, nonostante tutto,acconsentiva a essere operato. In molti casi, in effetti, i pazienti “acconsentivano” alla chirurgia solo quando i dolori da cui erano affetti diventavano insopportabili e prevalevano sulla paura e il dolore del sinistro rituale terapeutico. I chirurghi dell’Hotel-Dieu raccontavano che i pazienti andavano “quasi con gioia” all’anfiteatro dell’ospedale dove avvenivano le amputazioni, tanto intensa era la loroagonia (8).I rapporti clinici concernenti le perazioni di litotomia specificano il numero di anni durante i quali le vittime sopportavano i calcoli prima di sottoporsi finalmente aun’operazione chirurgica. Il giovane paziente di Tostain aveva sofferto i sintomi per sei anni; un uomo di ventinove anni aveva sofferto dall’età di nove o dieci, “tanto temeva operazione”; un diciottenne, la cui operazione di litotomia all’Hòtel-Dieu nel 1732 ebbe successo, aveva sopportato la sua malattia dalla nascita senza quasi nessuna tregua al dolore (9). La chirurgia rimase così un paradosso per tutta la prima parte dell’età moderna. Prove terribili che evocavano paura,dolore e terrore, che portavano spesso infezioni e morte, le operazioni chirurgiche potevano essere allo stesso tempo interventi che salvavano la vita o liberavano dal dolore e dall’invalidità.Per i chirurghi, le operazioni costituivano anche un raffinato paradosso, rivelando i severi limiti della pratica e allo stesso tempo servendo da supporto alle pretese di potere avanzate dalla professione.
La chirurgia francese: storia di un successo dell’Illuminismo.
Durante la seconda metà del secolo diciottesimo, la chirurgia francese godè di un prestigio senza pari, specie se ci riferiamo al suo status precedente. Per molti aspetti l’arte della chirurgia riuniva in sé valori cari alla cultura illuminista.Conoscenza scientifica, abilità professionale, utilità sociale e risolutezza nell’azione, si fondevano nella figura del chirurgo ideale che Sébastien Mercier nel suo Tableau de Paris (1783)caratterizò in termini eroici come colui i cui poteri dovrebbero essere “presque surnaturels”(10).Mercier profondeva lodi sulla chirurgia (“quest’arte ha fatto progressi incredibili, e che si ammirano a ragione … le operazioni più importanti, che cento anni fa erano le più difficili,ora si avvicinano alla perfezione”) mentre criticava aspramente la medicina, come aveva fatto Molière più di un secolo prima”(11). Una certa affinità con l’immagine più letterale dell’Illuminismo (“l’operazione della mano non è mai nascosta; è alla luce del giorno che si giudica tutto”)(12) distingueva anche la chirurgia dalla medicina interna, il cui oggetto rimaneva nascosto alla vista e i cui praticanti troppo spesso brancolavano nel buio, alle prese con malattie mal definite, con rimedi inefficaci.Se, come aveva predetto Cartesio, una medicina scientificamente fondata offriva la speranza migliore per aumentare il benessere dell’umanità, a parte il vaccino per il vaiolo non c’era molto che gli illuministi potessero far valere come passo significativo in questa direzione (13). La chirurgia, per contrasto, curava colui che soffriva di calcoli, ridava la vista a chi era vittima della cateratta, restituiva un linguaggio intelligibile al bambino col labbro leporino, la vita al soldato ferito. I miracoli della medicina, quali ci si aspettava nel modo di pensare laicizzato del diciottesimo secolo, provenivano dall’intervento del chirurgo. Un pregio importante della chirurgia, secondo i canoni dei valori illuministici, era il suo primato di progresso cumulativo professionale. La chirurgia professionale era percepita come la tipica storia di un successo settecentesco, una lezione straordinaria e istruttiva su come”artisti” di merito, a forza di applicarsi collettivamente alla loro regione del sapere, potessero farne avanzare i confini e dare a sé stessi spicco nel mondo. Nel 1748 il giovane Denis Diderot appoggiò gli sforzi dei chirurghidi Parigi volti a conquistare l’autonomia dalla facoltà di medicina (14). Alcuni anni più tardi, Diderot consacrò ampio spazio nella sua Encyclopédie ad articoli sulla chirurgia scritti da chirurghi. Lì, sia le aspirazioni che i risultati della professione furono esposti al grandpublic(15). La nozione di chirurgo “artista”, che combinava il cervello con la mano, la teoria con la pratica, rappresentava perfettamente l’apogeo di un ideale illuminista e incarnava lo scopo del progetto dell’Encyclopédie di infondere nella filosofia un nuovo rispetto per”scienze, arti, e mestieri”(16). In un saggio ampio e polemico del 1774, Francois Quesnay (1694-1774) aveva distinti l’esperto “artista”chirurgico e i suoi pari… il geometra, l’architetto, lo scultore, il pittore e il chimico… dagli artigiani comuni (17) Quesnay stesso, autore di articoli fondamentali di economia politica per L’Encyclopédie, dopo aver percorso una carriera che lo aveva portato da modesto chirurgo e ostetrico (accoucheur) di una piccola città a segretario dell’Accademia di Chirurgia di Parigi, divenne finalmente medico dell’amante di Luigi XV, la patrona della cultura illuminista, Madame de Pompadour. Verso l’ultimo decennio dell’Ancien Regime, l’immagine della chirurgia come arte in ascesa appariva definitivamente stabilita. Commentatori al di fuori della professione, come Mercier, e medici che avevano in precedenza guardato con disprezzo i chirurghi, parlavano di una “rivoluzione” dei chirurghi nella società (18). Il matematico e filosofo Condorcet, facendo il panegirico di un collega chirurgo all’Accademia delle Scienze, si meravigliava che, solo quattro decenni prima, non venisse considerata necessaria per i chirurghi un’educazione liberale e che questi avessero in quell’epoca appartenuto alla stessa corporazione dei barbieri. Ora, diceva Condorcet, tutto era cambiato per il meglio (19). Prima di esaminare più da vicino la realtà su cui si fondava tale reputazione di riuscita,bisogna menzionare qualche sintomo inquietante che suggerisce come non tutto forse andasse tanto bene per laprofessione chirurgica. Nel 1774, l’Accademia di Chirurgia di Parigi pubblicò il suo quinto, poi dimostratosi anche ultimo, volume di Mémoires. Alla vigilia della Rivoluzione, la sospensione delle pubblicazioni era divenuta un forte imbarazzo per l’Accademia, sintomo di dissensi sugli scopi della professione e anche di un declino di vitalità scientifica. La seriefinale di articoli sugli strumenti chirurgici (1784-1793) portò all’attenzione la crescente preoccupazione dell’Accademia per questioni meramente tecniche, a discapito di più ampiproblemi teorici (20).
Nel 1762, l’eminente chirurgo di Rouen, Claude-Nicolas Lecat, si lamentava della persistente scarsa considerazione sociale in cui erano tenuti i chirurghi, nonostante un recente edittoreale in loro favore. Per Lecat, l’unica soluzione soddisfacente sarebbe stato che i chirurghi prendessero una seconda laurea in medicina per distinguersi dai semplici chirurghi di limitata educazione e di bassa condizione sociale. Questa via fu seguita generalmente dai principali chirurghi di provincia e dai chirurghi più giovani di Parigi. Nel 1790, quando fu formato il Comité de Salubrità all’interno dell’Assemblea Costituente per dare un nuovo contesto alla medicina francese, non c’era un solo chirurgo fra i diciassette delegati medici. Questo rifletteva il fallimento dei chirurghi nel loro porsi socialmente e politicamente alla pari dei medici (21). I tre esempi specifici sopra riportati (e ne potrebbero esser citati molti altri) illustrano gravi tensioni all’interno della professione chirurgica francese. Fra considerevoli risultati durante il corso del secolo diciottesimo, queste tensioni, dapprima celate sotto la facciata del successo professionale, alla fine vennero alla luce. Per capire l’origine del conflitto, si devono sommariamente esaminare gli elementi del successoprofessionale e scientifico della chirurgia. Col senno dei primi anni del secolodiciannovesimo, R.B. Sabatier (1732-1811), capo chirurgo all’ospedale degli Invalides considerava i progressi che la chirurgia francese aveva fatto nel secolo precedente (22). Le credenziali di Sabatier come giudice e testimone oculare erano impressionanti, poiché aveva lavorato agli Invalides dal 1759 e aveva prestato servizio come professore di anatomia e di chirurgia al Collegio di Chirurgia per trentasette anni prima di ricoprire, nel 1794, la stessa cattedra all’école de sante di Parigi. Sabatier distingueva quattro categorie generali nel progresso chirurgico: 1) condizioni patologiche non descritte in precedenza o insufficientemente descritte.Queste includevano cateratte del cristallino, nuovi tipi di ernia, ascessi della cistifellea, rottura del tendine di Achille, e retroversioni dell’utero; 2) nuovi strumenti, incluse fasciature, sonde elastiche di gomma, pinze emostatiche per controllarel’emorragia, strumenti per legare i polipi; 3) nuove o perfezionate tecniche operatorie. Quil’elenco includeva l’operazione laterale per i calcoli alla vescica, estrazione della cateratta e altra chirurgia oculistica, operazioni per l’ernia strangolata, metodi di amputazione, taglio cesareo, operazioni di aneurisma, e altre; e 4) il trattamento di malattie “ricondotte a principi comuni”.Qui Sabatier elencava la medicazione delle ferite, in particolare le ferite da arma da fuoco, l’uso della sutura, il trattamento degli ascessi, delle fistole, delle malattie delle ossa, l’uso del cauterio, e l’ostetricia come aree in cui c’era stato un progresso.L’analisi implicava, anche se solo tacitamente, che il progresso era rallentato durante gli ultimi decennidell’Ancien Regime.Un esame più esauriente pubblicato nel 1773 in effetti elencava già la maggior parte delle innovazioni citate da Sabatier trenta anni dopo. Molte delle innovazioni citate da Sabatier erano state opera dell’eminente chirurgo parigino della prima metà delsecolo, Jean-Louis Petit, morto nel 1750(23). Un altro chirurgo il cui contributo fu importante fu il londinese William Cheselden, morto nel 1752. Il lavoro di Cheselden, soprattutto la sua operazione di incisione dell’iride per costruire una pupilla artificiale,suggeriva che i principali chirurghi inglesi potevano rivaleggiare con e, a volte, sorpassare i loro colleghi francesi (24).Il progresso nella conoscenza e nelle tecniche chirurgiche fu infatti un fenomeno europeo durante il diciottesimo secolo. Una rapida diffusione delle innovazioni entro e oltre i confini nazionali era di per sé forse la caratteristica più innovatrice della chirurgia.In nessun campo il processo di diffusione della conoscenza chirurgica era più evidente che nel caso delle nuove operazioni per i calcoli alla vescica. La litotomia, una tecnica conosciuta solo da pochi cosiddetti “esperti” e spesso custodita come un segreto di famiglia fino alla seconda metà del seicento,all’inizio del settecento divenne parte del repertorio del chirurgo abile e preparato.La storia di un nuovo tipo di operazione ai calcoli alla vescica, la cosiddetta operazione laterale, è un esempio particolarmente istruttivo del rifiuto iniziale di una novità seguito da una rapida diffusione una volta che questa si fu guadagnata l’approvazione dei chirurghi professionali (25). Nel 1698, un certo Frère Jacques fece ladimostrazione negli ospedali di Parigi di un nuovo modo di incisione dei calcoli la cui novità consisteva in una incisione obliqua perineale, rispetto all’incisioni centrale allora generalmente praticata e conosciuta come il grand appareil. Il metodo laterale offriva certi vantaggi rispetto al grand appareil per quanto riguardava la localizzazione e la dimensionedell’incisione del collo della vescica che permetteva l’estrazione di calcoli più grossi, con più rapidità, e con l’uso di un minor numero di strumenti.I chirurghi parigini comunque, rifiutarono il metodo di Frère Jacques, soprattutto a causa della poca conoscenza che ilchirurgo aveva dell’anatomia e per la sua condizione di guaritore girovago. Di lì poco, un chirurgo olandese ben preparato, esperto d’anatomia, Jacob Rau, imparò il metodo laterale da Frère Jacques e evidentemente lo usò con discreto successo durante i primi decenni del secolo diciottesimo. Sebbene Rau rifiutasse di pubblicare particolari sul suo procedimento, la tecnica alla fine passò dall’Olanda a Londra dove Cheselden la rese popolare verso la fine degli anni venti del diciottesimo secolo. Nel 1730,l’operazione laterale conosciuta ora come metodo di Cheselden o operazione all’inglese, ritornò in Francia, riportatavi da S.F.Morand, che l’anno precedente aveva ricevuto l’incarico dall’Accademia delle Scienze di andare a Londra a imparare la tecnica di Cheselden. La segretezza si trasformò in connivenza professionale quando Cheselden chiese al suo collega francese di nonpropagare le conoscenze sull’operazione prima di averne informato direttamente l’Accademia delle Scienze (26). Da allora in poi l’operazione laterale si diffuse rapidamente, nonostante la residua opposizione a Parigi da parte i chirurghi reali che continuarono perdiversi anni a favorire il grand appareil
Già verso la metà del secolo i chirurghi formatisi a Parigi avevano introdotto questa procedura nei centri provinciali e all’estero (27).Nel 1755, dopo una lunga serie di esperimenti su cadaveri, l’Accademia di Chinirgia di Parigi si schierò formalmente in favore della procedura un tempo controversa. Antoine Louis, segretario dell’Accademia, condannòil grand appareil come pratica “omicida”(28). Nuove conoscenze e nuove tecnicheincoraggiarono il progresso sociale e istituzionale della chirurgia. L’interesse crescente per le tecniche di litotomia, per esempio, giocarono evidentemente un ruolo nella fondazione dell’Accademia di Chirurgia di Parigi nel 1731 (29). Ma non si deve presupporre una connessione semplice, unidirezionale e causale fra il progresso della conoscenza e il conseguente progresso della professione. L’Accademia di Chirurgia nacque più come risposta alle aspirazioni collettive,intellettuali e sociali dei chirurghi d’elite parigini, che per qualsiasi novità concettuale o tecnica. L’Accademia, a sua volta,forniva una cornice per lasperimentazione critica e la diffusione delle nuove conoscenze. Questo avvenne per l’operazione di litotomia e per molte altre procedure specifiche (30). Stiamo qui trattando dell’interazione fra aspiranti professionisti e il loro lavoro scientifico, che necessita di un’analisi in termini di sociologia della conoscenza. Oltre i risultati specifici, l’Accademia di Chirurgia incoraggiava fra i suoi membri uno spirito di progresso collettivo e storicamente cumulativo. L’età dei Lumi poteva non durare in eterno , ma l’Accademia poteva garantire laconoscenza contro qualche futura età oscura funzionando come “depositaria” della verità (un corps dépositaire de la saine doctrine)(31). Infine, l’Accademia simboleggiava l’ingresso della chirurgia nella cultura dotta dell’Illuminismo, una cultura che aveva creato a Parigi accademie per le scienze, le lettere, la pittura, l’architettura, e le belle arti e una panoplia di accademie in provincia e all’estero.L’Accademia di Chirurgia conferì un particolare prestigio ai professionisti francesi di questa arte, come segno tangibile del patrocinio reale, comericompensa e incoraggiamento per gli uomini di talento a lavorare insieme alla pari, allaricerca di una conoscenza utile. Se per la professione l’Accademia era la più importante dimostrazione del sostegno reale, ce n’erano comunque molte altre. Durante la seconda metà del XVII secolo, la legislazione rafforzò la carica di primo chirurgo del re accordandogli crescente autorità e privilegi finanziari sulle corporazioni chirurgiche ocommunautés parigine e provinciali. Nel 1724, il governo reale istituì a Parigi cinque cattedre di chirurgia. A metà del secolo, la scuola di chirurgia ricevette il riconoscimento ufficiale di Collegio di Chirurgia. A un programma di studi sempre meglio definito, furono aggiunti nuovi corsi, mentre fu incorporata nel Collegio una école pratique di dissezione anatomica (1757) e una clinica o hospice (1774). Nel 1743, dopo la pubblicazione del primo volume di Mémoires dell’Accademia di Chirurgia, un decreto reale abolì formalmente a Parigi la professione di barbiere chirurgo e fece della laurea universitaria un requisitonecessario per tutti i futuri professionisti. Due questioni generali emergono da questo rapido quadro del progresso sociale e istituzionale della chirurgia durante il XVIII secolo. In primo luogo, le riforme erano fortemente centralizzate a Parigi. Montpellier, Lione,Bordeaux,Tolosa, Digione e altri centri provinciali fondarono Collegi di Chirurgia analoghi a quello di Parigi, sebbene su scala molto più ridotta. Bordeaux imitò persino il precedente parigino di una società dotta di chirurgia. Ma mentre il sostegno finanziario reale era generoso per i chirurghi di Parigi, culminando in fondi per la costruzione di nuovi magnifici edifici (1769-1774) ad opera dell’architetto del re, Jacques Gondoin, (l’Accademia di Chirurgia di Parigiereditò anche gran parte del patrimonio di La Peyronie che ammontava a più di un milione di sterline nel 1747), per i chirurghi di provincia non esistevano simili risorse. In definitiva, la strategia per sviluppare la professione medica attingeva e dipendeva da una strutturaonnipresente nella Francia illuminista… il modello monarchico. Una professione unificata dipendeva, per la sua coesione, da una organizzazione estremamente gerarchica. Per il bene del progresso sociale e scientifico, i chirurghi di provincia seguivano gli ordini di Parigi, i chirurghi parigini a loro volta erano guidati da una élite interna che derivavi la sua autorità dal chirurgo di Versailles (32).In secondo luogo, poiché i principali chirurghi cercavano di definire la loro arte e, in particolare, di ribadire la loro autonomia rispetto ai medici, adottarono una posizione compatibile con la moderna specializzazione (33).I medici e i chirurghi avrebbero dovuto padroneggiare le stesse conoscenze teoriche… anatomia, fisiologia, patologia, semeiotica, igiene, terapia… dopodiché ognuno avrebbe proseguito occupandosi, nella pratica, di un particolare gruppo di malattie. La chirurgia “est une partieconstitutive de la Médecine”(34). La nozione di chirurgia come “medicina esterna” sostenuta nell’Encyclopédie fece indignare quei medici che volevano mantenere la nozione tradizionale di chirurgia come una fra le diverse modalità terapeutiche e come parte”subordinata” della medicina(35).Per la fine del secolo, comunque, prevalse la opinione che considerava la chirurgia e la medicina interna come campi separati di pratica professionale, all’interno di una medicina teoricamente unificata (36).L’esser riusciti a ottenere uno statusseparato, ma paritario, per la chirurgia, fu per molti versi il più grande trionfo dei chirurghi del secolo diciottesimo. Una volta ottenuto questo status così a lungo cercato, verso la metà del settecento, a Parigi, la professione divenne straordinariamente vulnerabile. Se la chirurgia era davvero un campo autonomo, un corpus di conoscenze e tecniche specialistiche, ne seguiva che i chirurghi non avrebbero più dovuto prestare la loro opera come professionisti “di second’ordine” nell’intero campo della medicina (per non parlare del lavoro di barbieri e parrucchieri). Si sarebbero dovuti, d’ora in poi, mantenere entro i limiti della loro particolare area di competenza. Ma la chirurgia così definita, potevaeffettivamente dar corso a una professione? Una risposta facile sarebbe un sonoro no; tuttavia il dilemma posto ai chirurghi francesi del settecento dalle tensioni interne fra il loro lavoro e la loro carriera richiede un esame più accurato
Chinirgia: casistica e tecnica
In mancanza di dati statistici, perfino per gli ospedali di Parigi, fino alla fine della terza decade dell’ottocento, si deve far ricorso ad altre e indirette misure per calcolare l’incidenza delle malattie esterne o operatorie durante l’Ancien Regime. Si era generalmente d’accordosul fatto che le malattie operatorie fossero molto meno comuni di quelle interne. Secondo Jacques Tenon, il maggior esperto di ospedali francesi, l’Hòtel-Dieu di Parigi ospitava cinque pazienti comuni per ogni paziente da operare. I registri di accettazione di un piccolo ospedale chirurgico di Parigi alla fine dell’Ancien Regime, il Collegio francese di Chirurgia (1774-1793),mostrano un vasto spettro di condizioni cliniche. Queste malattie riguardavano in generale tutte le parti del corpo, maquelle delle estremità, dell’apparato urogenitale, della testa, del collo, e degli occhi coprivano più del 75% delle ammissioni. Le infezioni secondarie, stando ai registri di accettazione, erano quasi pari all’insieme di tutte le malattiespecifiche.In questo modo indiretto, tenendo conto delle complicazioni a lungo termine, più che delle loro immediate conseguenze, le lesioni traumatiche avevano evidentemente l’impatto maggiore sulla percentuale dei malati e sulla mortalità.
Le operazioni chirurgiche più importanti
Quante operazioni chirurgiche della cosiddetta grande chirurgie venivano fatte in un anno a Parigi, una città di mezzo milione di abitanti? Dove venivano eseguite, da chi, e quantichirurghi riuscivano a guadagnarsi da vivere con questo tipo di lavoro?Rispondere a simili domande è difficile, se non impossibile, ma alcune registrazioni sparse e le riflessioni dei chirurghi contemporanei possono fornire degli elementi. Secondo Francois Quesnay, a Parigi ogni anno erano eseguite fuori degli ospedali, appena cento operazioni chirurgiche”degne di nota”. Solo negli ospedali, dichiarò Quesnay, i giovani chirurghi avevano la speranza di assistere a importanti operazioni in modo da prendere dimestichezza con taliprocedimenti (37).
Tipi e frequenze di malattie al Collegio di Chirurgia dell’Ospedale di Parigi:
Lesione traumatica |
60 |
( 11,7%) |
Cancro |
52 |
( 10,1%) |
Cateratta |
37 |
( 7,2%) |
Calcolo |
34 |
( 6,6%) |
Edema |
32 |
( 6,0%) |
Labbro leporino |
18 |
( 3,5%) |
Ernia |
9 |
( 1,8%) |
Polipo |
8 |
( 1,6%) |
Aneurisma |
6 |
( 1,0%) |
Corpo estraneo |
2 |
( 0,4%) |
|
256 |
( 49,9%) |
Tumori* |
94 |
( 18,3%) |
Ulcera |
31 |
( 6,0%) |
Fistole |
36 |
( 7,0%) |
Deposito, |
|
|
Ascesso |
26 |
( 5,1%) |
Cancrena |
21 |
( 4,1%) |
|
208 |
( 40,5%) |
Varie |
49 |
( 9,6%) |
Totale |
513 |
(100,0%) |