Va bene EBM,ma…..
Sono passati ormai quasi 40 anni da quando Archie Cochrane,un epidemiologo scozzese,pubblicò nel 1972 il suo storico lavoro “Effectiveness and efficiency:random reflections on Health Services”.Da allora i concetti da lui stigmatizzati per una pratica clinica basata su prove di efficacia (evidence-based practice) hanno progressivamente permeato il mondo scientifico e tutti noi oggi utilizziamo nelle nostre relazioni scientifiche la metodologia e la nomenclatura introdotte da Sackett e Guyatt sin dal 1990.Nel 1992 apparve per la prima volta, in un articolo di Guyatt ,il termine “evidence-based medicine” EBM appunto.Da allora la rivista cult della metodologia medico-scientifica ,il British Medical Journal,ha sfornato periodicamente sintesi e linee guida EBM compatibili,le assicurazioni americane hanno atteso le nuove”EB guidelines” per sostenere l’uso dei nuovi farmaci e devices,sempre di piu’ in tutti i paesi avanzati le scelte politiche relative alla Salute Pubblica sono passate per questo importante vaglio.Siamo quindi finalmente giunti alla definizione di una strada sicura,prudente ed efficace per utilizzare vecchi rimedi ed introdurre nuove soluzioni.Studio prospettico-randomizzato-pluricentrico-in doppio ceco,revisioni con metaanalisi,livelli di evidenza IA sono divenuti per tutti noi sinonimo di razionalità e sicurezza.Usciamo,infatti, da 2500 anni di tentativi spesso irrazionali e nonostante i timidi tentativi metodologici di alcuni pensatori dell’antica Grecia , dell’antica Cina e soprattutto di Avicenna con il suo Canone dell’XI secolo,solo da qualche decennio ci siamo tuffati, finalmente, nella modernità metodologica anche in campo clinico.
Il nuovo modello EBM generalmente accettato è quello introdotto da Haynes nel 2002 con l’introduzione del ruolo centrale dell’esperienza clinica nell’integrare il contesto clinico,lemigliori evidenze disponibili e le scelte dei pazienti.
Ma la necessità di dover introdurre subito un nuovo modello rispetto all’originale del 1996 sottolinea un aspetto di distonia che già nella mia personale esperienza è emerso piu’ volte con forza e stupore negli ultimi 20 anni di pratica clinica.Proprio io, fautore di un metodo scientifico accettato da tutti,per di piu’ formato nell’amata Scozia ,da me adottata come patria culturale,proprio io mi sono trovato a constatarne i limiti in almeno due svolte epocali alle quali casualmente mi sono trovato a compartecipare.Malgrado tutto rimango un convinto assertore dell’utilità dell’EBM ,cio’nonostante……..
Nei primissimi anni ’90 mi trovai,specializzando agli ultimi anni di corso,nella Glasow allora capitale della cultura e dell’innovazione,a vivere in prima persona la potente svolta tecnologica che avrebbe per sempre cambiato le strategie della chirurgia vascolare.Il gruppo che frequentavo presso il Royal Infirmary di Glasgow,infatti,stava collaborando in modo strettissimo a tracciare una strada che l’industria americana aveva già deciso di percorrere:la chirurgia endovascolare.La prima endoprotesi era già stata impiantata con successo nell’89 a BuenosAires da Parodi,Detrich a Scottsdale (Arizona)aveva preso il comando della cordata anglo-americana in questa nuova avventura e De Bechey aveva dato la sua benedizione;dall’altra parte dell’oceano come sempre francesi e tedeschi cercavano di dare un loro contributo originale.Io anglofilo da sempre ,tifavo per per gli anglo-americani ed in particolare per il caro Jonh Pollock ,padre di molta chirurgia vascolare di allora (clamp aortico di Pollock,graft protesico aorto-iliaco in dacron impregnato di gelatina,ecc.) e direttore appunto dell’istituto di Glasgow.Una amicizia nata per caso,bellissima.Da allora lo seguii in Scozia ed Arizona sino ai primi impianti in Europa,il resto è la storia che tutti conosciamo e che le società scientifiche europee ed americane custodiscono.In quella fase pionieristica però nessuno degli ingradienti necessari per una credibile EBM erano presenti:scarsissima esperienza clinica specifica (si consideri che le procedure erano in gran parte radiologiche e si vociferava della necessità di una novella “radiologia interventistica” perché a nessun chirurgo piaceva passare le giornate al tavolo radiologico!),evidenze scientifiche in letteratura pressoché nulle(qualche “case report”,nessun lavoro prospettico randomizzato),contesto clinico se possibile ostile (dati i costi),consenso del paziente discutibile (come sempre correlato alla capacità di convinzione del chirurgo).Se avessimo reso vincolanti i criteri EBM la chirurgia endovascolare non sarebbe mai nata.Fu allora una avventura incosciente?.No,sicuramente no.Sin dall’inizio ero assolutamente convinto che la strada era giusta e percorribile in relativa sicurezza.L’enorme preparazione dei chirurghi in gioco,il contesto scientifico di altissimo livello,la collaborazione senza limiti finanziari dell’industria resero possibile “lo sbarco sulla luna”senza aprire l’addome,incredibile!Poi vennero il nitinolo che cambia volume e lunghezza al cambiare della temperatura,la digitalizzazione delle immagini che permetteva di avere in tempo reali immagini 3D ed addirittura modelli solidi delle aorte da operare,sonde ecografiche endoluminali,amici e colleghi della mia età che ogni giorno inventavano qualche cosa di rivoluzionario in un clima scientifico che ritenevo irripetibile.Una vera sbornia di innovazioni e geni.Oggi molte delle procedure di allora sono state validate da metaanalisi di studi prospettici-randomizzati-in doppio ceco,altre sono risultate non del tutto valide.Ma la storia della chirurgia vascolare è comunque cambiata per sempre.
Sempre in quegli anni,mentre io mi occupavo di chirurgia vascolare,nel campo della chirurgia generale il chirurgo di Lione Philippe Mouret veniva radiato dalla società francese di chirurgia per aver eseguito la prima colecistectomia mininvasiva laparoscopica (1987).Oggi chi non si sottoporrebbe ad una tale procedura universalmente accettata come gold standard?Anche in questo caso solo oggi l’evidenza scientifica è di tipo IA.E così è stato per i primi colon oncologici laparoscopici e più recentemente per i primi stomaci oncologici trattati in modo mininvasivo.Proprio negli anni della strutturazione del metodo EBM,l’innovazione è stata così repentina che i pionieri si sono dovuti muovere in assoluta solitudine.Come sempre nella storia della scienza!
Ed è in questo contesto esplosivo che per gli itinerari strani della vita agli inizi degli anni 2000 mi sono ritrovato a lavorare nel contesto della chirurgia generale,nella mia piccola città natale,per la seconda volta al centro di una svolta epocale:l’applicazione della robotica alla chirurgia generale.Incredibile una cosa così grande in una città così piccola.In effetti la robotica era già da qualche anno utilizzata nelle chirurgie americane ma con procedure non standardizzate e non validate.Marescou aveva già eseguito la prima colecistectomia robotica trancontinentale con il paziente a New York ed il chirurgo a Parigi.Un grande innovatore,in quel momento in esilio nella mia città,era pronto a verificarne applicazioni e limiti in contesti significativi della Chirurgia Generale.Forte della sua esperienza in chirurgia tradizionale e mininvasiva laparoscopica e toracoscopia ,iniziò un protocollo di “effectivness and safety” in ogni procedura di chirurgia addominale,toracica e vascolare maggiore.Ed iniziava nuovamente l’avventura.Ricordo l’emozione delle prime resezioni epatiche maggiori,delle prime duodenopancreasectomie,delle prime lobectomie polmonari.Tutte procedure mai eseguite prima ad addome o torace chiusi ,da nessuno,in nessuna parte del mondo!Ricordo anche che in Italia tutti ci consideravano pazzi chirurghi sperimentali,all’estero si respirava un mix di ammirazione e diffidenza,molte riviste internazionali non accettavano i nostri lavori scientifici faticosamente realizzati.Ma piano piano le cose sono cambiate,il nostro gruppo ha collezionato la piu’ importante e prestigiosa casistica al mondo,le riviste internazionali piu’ importanti hanno iniziato ad aprirci le porte,nessuno piu’ ci considera folli sperimentatori,Piercristoforo Giulianotti è divenuto cattedratico della prestigiosa University of Illinois in Chicago,sempre piu’ robot sono stati acquistati ad uso clinico in Europa e nel mondo.Ma ormai anche questo è il passato.Oggi siamo alla fase di evidenza clinica IA per la chirurgia robotica della prostata e probabilmente presto lo saremo anche per il retto basso e lo stomaco.Ma per 10 anni almeno abbiamo navigato a vista e che navigazione!
In questi 20 anni molte volte mi sono chiesto se era etico percorrere la strada in cui mi trovavo,e molte volte sono stato contestato,anche duramente.Molte volte mi sono chiesto se fosse necessario fermarsi mancando ogni minima prova basata sull’efficacia.Oggi penso che entrambe le modalità siano corrette e necessarie.Cio’ che fa la differenza è il contesto ambientale ed il gruppo in cui si lavora (proprio quella variabile legata all’esperienza chè è stata introdotta con tanta forza nell’ultimo modello EBM da Haynes).Si possono cioè intraprendere esperienze pionieristiche,spesso suggerite dalla grande industria,solo in contesti di eccellenza e questi oggi si possono concretizzare nelle sedi piu’ inattese in ogni angolo del globo,ma per divenire routinaria una procedura non deve solo essere fattibile e sicura ,ma anche utile ed economicamente sostenibile e qui l’evidenza EBM offre una metodologia di verifica insostituibile.Probabilmente domani scopriremo che alcune delle procedure endovascolari degli anni ’90 o di quelle robotiche degli anni 2000 non risulteranno così vantaggiose e verranno magari abbandonate a favore di altre piu’innovative ed economiche.Saremo però pressoché certi che ciò che ha superato il vaglio dell’evidenza clinica sia realmente utile ,facilmente ripetibile quindi sicuro e soprattutto sostenibile.
In sintesi l’innovazione richiede una dose di rischio e capacità di rottura che può essere assecondata solo in rari contesti di eccellenza,la standardizzazione di una procedura deve invece necessariamente essere validata dalle procedure EBM.Data la globalizzazione attuale,concludendo,non condivido sempre le scelte strategiche e di spesa condotte solo su criteri di evidenza clinica e sempre piu’ spesso sento importanti ricercatori di livello internazionale abbandonare intenzionalmente la strada dello studio multicentrico randomizzato……….Comunque spero di assistere(se mai ci sarà) alla terza svolta epocale della mia vita,quella degli anni ’10,in Polinesia!
L’Editore 8/12/2012
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