Dialisi peritoneale : un buon test di sistema.
A fronte di un trend internazionale in cui la malattia renale “end stage”è in costante aumento sia nei paesi sviluppati che emergenti ed in cui la quota parte trattata con dialisi peritoneale è al contrario costante negli anni nonostante gli indubbi vantaggi rispetto alla emodialisi con fav o con catetere intravenoso,tale modalità rimane un test significativo per valutare quanto è avanzato il sistema in cui si lavora.
E’ questa infatti una modalità dialitica molto “europea” tesa alla autogestione domiciliare,all’impianto soft del device ,al contenimento dei costi d’impianto e di gestione.Ma proprio per questo richiede di figure professionali dedicate in grado di selezionare i pazienti giusti,di eseguire le manovre in modo ineccepibile permettendo lo scambio dialitico efficace nel tempo utilizzando materiale proteico e condizioni ambientali volta a volta da aggiustare.In sostanza si tratta di individuare il paziente in grado di autogestirsi e di condurre nel tempo una strategia di scambio intraperitoneale con tutti i rischi che sappiamo sino all’agognato trapianto di rene.Il tutto gestendo un catetere di poliuretano impiantato in addome.E grande vi assicuro è la soddisfazione di riammettere un paziente a cui avete impiantato un catetere magari 10 anni prima per espiantare il device perché il trapianto è andato finalmente a buon fine!Vi è un qualche cosa di piu’ rispetto alla altrettanto gratificante rimozione di una fav.Si ha la sensazione che tutto abbia funzionato al meglio e che ogni piccola manovra sia stata ineccepibile nel tempo.Il paziente ha condotto una vita quasi normale con scambi notturni al proprio domicilio,la struttura ha speso poco,i professionisti hanno dato il massimo,anche il paziente ha dato il massimo.
In tutto questo gioco l’impianto del device è cruciale.Che sia un Tenckoff,un autolocante o un Vicenza,deve essere impiantato nel modo migliore.E non sempre è facile o possibile.Selezionato il paziente ,deve essere selezionato l’addome del paziente.Si deve avere un’idea piuttosto precisa della componente viscerale e di quella parietale.Molti fallimenti derivano da cavità peritoneali non vergini con aderenze o inserzioni di mesi sfavorevoli,molti fallimenti da pareti malstudiate con porte erniarie e debolezze strutturali sottovalutate.
Accanto ad una esperienza specifica ci viene oggi in aiuto l’accesso laparoscopico al problema.Non deve essere uno standard ,ma una opzione da poter spendere in sicurezza negli addomi difficili per risolvere sia problemi viscerali che di parete.In questa indicazione l’accesso laparoscopico non può certo essere definito mininvasivo data la necessità di una anestesia generale e di uno pneumoperitoneo in paziente ad elevato ASA.La metodica tradizionale si conduce solitamente con interventi ambulatoriali in anestesia locale.Ma quando è necessario siamo in grado di proporre un trattamento dialitico domiciliare a pazienti altrimenti non arruolabili.Anche in questo campo la laparoscopia ha aperto orizzonti importanti sia per rendere eleggibili addomi difficili sia per risolvere dislocazioni e complicanze altrimenti non affrontabili.Sopra ogni cosa comunque questa è una strada percorribile solo se i gruppi coinvolti (medici e chirurgici) lavorano veramente in modo integrato e professionistico.Dove cioè il massimo della performance è assicurato nel tempo a dispetto delle mutevoli condizioni oggettive.Piccoli gesti in un mare di incognite ed ostilità!
Procedure proposte
Impianto tradizionale di Tenckoff
Impianto tradizionale di Vicenza
Impianto o revisione laparoscopici
Ultima revisione di Luca Felicioni 11 Febbraio 2015 alle 21:30
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