Author Archives: luca felicioni
Roma 2018 Congresso congiunto
Ghent 2018:lo sbarco degli alleati
CRSA 2017 Chicago:quando una metropoli da il meglio di sé
Non ero mai stato a Chicago e come spesso succede pensavo di sapere già tutto su di questo mito cinematografico:tanti,troppi film,romanzi,servizi giornalistici,interviste,il mito Obama…..una grigia metropoli nel nulla del “corn belt” americano zeppa di malavitosi.Qualche notizia contrastante mi giungeva però dai nostri specializzandi che frequentano spesso la Università dell’ Illinois.
Comunque i due video proposti erano stati selezionati positivamente dalla CRSA ed era giunto il momento di andare e confrontarsi con i chirurghi piu’ esperti del momento.Mi aspettavo sorprese dal meeting non dalla città.Naturalmente sbagliavo!
E’ stato amore a prima vista complice l’alta pressione settembrina e l’atmosfera “radical chic”così intrigante.Come sempre in questi casi tutto si concentra nella down town e non si ha coscienza dell’enorme interland che coopta milioni di americani in tante Chicago parallele sicuramente meno affascinanti.Ma tanto è.
Quello che ho assaggiato mi ha conquistato.
A partire dalla skyline massiccia ,pulita,completamente diversa dalla verticalità esasperata di NY e dalla dimensione orizzontale di San Francisco.I miei due miti americani.Edifici mastodontici ma con un loro equilibrio,un mix magnifico tra linee anni trenta ed high tech contemporanea.Tutto tirato a lucido,ben tenuto,curato.Cielo azzurro ed edifici color ecru e specchi.Una meraviglia.Alla faccia della grigia città del nord!
E questa piacevole sensazione si è mantenuta per tutto il soggiorno attraverso il centralissimo The loop,gli alberghi lussuosi dove Batman ancora risiede,lo splendido lungo lago( o quasi lungo mare dati gli orizzonti del grande lago Michigan).Sembra di entrare in un set cinematografico e di cambiare continuamente sceneggiatura tante sono le suggestioni presenti.Ovunque ti senti nel contesto di un già visto .Ci sei in qualche modo già stato o conosci quella atmosfera.Da Batman agli Intoccabili,da Al Capone a C’era una volta in America.Una nostalgia ,uno struggimento che solo certa musica sa’ rendere.Ma la sensazione anche visiva è quella.Rimpiangi gli sporchi anni trenta e quaranta.Roba da non credere.
Oggi La metropoli è sontuosa ,intellettuale,ardita,incredibilmente turistica e ricca di arte e scienza.Soprattutto di arte:dall’architettura ,alle arti visive a quelle letterarie.Da non tornare mai a casa.Fortunatamente i miei impegni congressuali si sono esauriti nella prima giornata, ho potuto così assaggiare tutto il resto
Non che la sessione scientifica fosse da meno della città,alto livello come sempre negli USA,i nostri video in linea con i big,confronto serrato e nessuna obiezione.Risultato eccellente dato che tra gli interlocutori c’era anche Alfred Carbonell il padre della tecnica che riproponevamo.E queto onestamente un po’ mi preoccupava.Ha comunque accettato di buon grado che fossimo tra i pochissimi ad eseguire in Europa ed USA tale procedura dopo essersi di persona accertato del curriculum chirurgico.Fidarsi è bene…….
Bello carico per il risultato ottenuto ho iniziato una “full immersion” di due giorni nella metropoli del crimine.Di giorno tutti i musei e le gallerie possibili,di notte in compagnia dei giovani colleghi residenti nel campus universitario tutti i club alla moda .Non ho dormito sino al volo di rientro ma quanti stimoli!Mi aspettavo un grande jazz,locali sofisticati,architetture da urlo ,ma mai avrei immaginato la ricchezza delle collezioni artistiche e storico-etnografiche in una natura da sogno.
Sopra tutti l’Art Insitute of Chicago ed il Field Museum collegati da una splendida passeggiata lungo il Monroe Harbor dove al posto dei gabbiani atterrano le oche artiche dal collo nero e dove la vela imperversa.Ero ancora frastornato da Hopper e dalle collezioni dei siti archeologici dell’Arizona e della California a me cari per esperienze ormai lontane ,quando vengo invitato per un drink all’ultimo piano dello Skydeck una incredibile torre di cristallo sull’azzurro.Quasi 24 ore con la bocca aperta!
Tre giorni in perfetta sintonia con la modernità,tutto idilliaco, possibile?
Un unico dubbio ,indotto dal divieto impresso sulla porta di accesso dell’University of Illinois, mi assilla:tutte le migliaia di persone che ho incrociato in tre giorni di vagabondaggio nella “Città del vento”erano armate?
robotic brazilian technique
giovane donna di 39 anni con addome floppy postpartum,ernia ventrale di medie dimensioni e diastasi dei muscoli retti addominali richiedente un mesh interamente riassorbibile a lungo termine (Phasix Bard)
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia.
contro la retorica dell’eccellenza
Ho condiviso questo testo ,con il quale concordo pienamente, dal blog di A.Zhok Antropologia filosofica.Contiene una riflessione importante sulla parola chiave del sottotitolo del mio blog surgeryindeed “innovating strategies toward excellence”.Anche io credo che l’insistente richiamo all’eccellenza rappresenti forse un valido slogan dinamico e giovanilistico,buono per persuadere gli ignari di essere di fronte ad istanze innovatrici.E’ il motivo per cui ho scelto questa frase.Ma anche io concordo sulla sfumatura retorica ed autoreferenziale della parola eccellenza, concordo sulla evidenza che nessuna società funziona sulla base di un pugno di eccellenze quanto piuttosto su una maggioranza di persone che fanno bene il loro lavoro.E non voglio entrare qui nella evidenza tutta italiana in cui la massima perversione corruttiva si raggiunge nel definire eccellenza la piu’ evidente mediocrità .Cio’ nonostante nella pratica chirurgica ,quotidianamente a contatto con il rischio e la metodicità,l’aspirazione al nuovo ,alla nicchia tecnologica, al risultato ineccepibile e mininvasivo costituisce un motore importante per la crescita.Forse la vera parola chiave del mio motto potrebbe quindi essere”toward” piuttosto che “excellence”.Buona lettura.
Luca Felicioni 16 gennaio 2018
Sono oramai diversi anni che in Italia la parola “eccellenza” ha acquisito un’aura particolare, salvifica, quasi escatologica. Ogni uomo politico che conti – anche solo moderatamente – si sente in obbligo di invocare l’orizzonte dell’eccellenza come ciò che conferisce dignità ultima a qualsiasi attività, come modello da estendere ad ogni lavoro, produzione, istituzione.
Questo appello all’eccellenza non è rimasto questione semantica, ma si è tradotto in norme e indirizzi, con particolare riferimento a scuola e università ma estendendosi all’intera sfera del made in Italy (per definizione, naturalmente, un’eccellenza). Il riferimento ideale all’eccellenza si è così tradotto nell’idea che ogni attività lavorativa debba essere concepita un po’ come un campionato sportivo, dove è giusto che nutrano aspirazioni di dignità solo quelli che insidiano la vetta. Di contro, tutti i ‘non eccellenti’ devono solo prendersela con sé stessi se non ottengono riconoscimento. Le varie introduzioni di ‘bonus premiali’ ai docenti della scuola, di aumenti premiali ai docenti universitari, di finanziamenti premiali ai dipartimenti e alle università, o similmente le risorse premiali previste nella ‘riforma della pubblica amministrazione’, ecc. vanno tutte in questa direzione, dove normalità è assimilata a mediocrità, mentre dignità e onorabilità sono riservate alle ‘eccellenze’.
Il problema di questo modello non è che sia ‘meritocratico’ – e che dunque sia avversato da impaludati e retrogradi ‘antimeritocratici’. No. Il problema è che si tratta di un modello di società, e di azione collettiva, fallimentare.
Nessuna società funziona sulla base di un pugno di eccellenze, e per definizione le eccellenze non possono se non essere una minoranza. La nozione di eccellenza è infatti una nozione differenziale: si è ‘eccellenti’ in quanto si è virtuosamente fuori dall’ordinario. L’idea che, per veder riconosciuta la dignità di ciò che si fa, si debba appartenere al novero degli eccellenti è la ricetta per un sicuro naufragio, e lo è proprio sul piano incentivale. Infatti l’appello a questa ‘eccellenza di massa’ naufraga per tre ragioni fondamentali.
La prima è banalmente numerica: se conferisco riconoscimento pubblico (dignità, tutele, benefit) solo all’eccellenza (vera o presunta) creo il terreno per una frustrazione di massa, giacché la maggioranza per definizione verrà privata di riconoscimento. Qui non è solo in causa il fatto che la maggioranza non eccellerà per definizione, ma ancor di più il fatto che ciò non verrà accettato per natura. In un sondaggio sociologico di qualche anno fa emerse come il 94% degli intervistati ritenesse di essere, quanto alla qualità del proprio lavoro, al di sopra della media dei propri colleghi. A prescindere da chi si sia sbagliato e di quanto, appare chiaro che le autocandidature in buona fede all’eccellenza saranno sempre ampiamente eccedenti rispetto alle posizioni disponibili. Il meccanismo stesso non può non generare vaste aree di malcontento.
La seconda ragione è legata ai ruoli sociali, ed è più radicale. Per quanto recentemente ci si sia abituati a creare forme competitive e gerarchie piramidali per molti mestieri che una volta ne erano privi (si pensi ai cuochi di Master Chef), è chiaro che, per quanto ci si ingegni, la stragrande maggioranza delle attività che fanno andare avanti una società non si presterà mai a valutazioni competitive. Non c’è sensatamente posto per super-lattonieri, cassiere fuoriclasse, campionissimi dell’assistenza infermieristica, controllori iperbolici, assi della raccolta rifiuti, ecc. Prospettare una società in cui riconoscimento ed eccellenza vanno di pari passo significa prospettare una società dove la stragrande maggioranza delle occupazioni nasce con uno stigma di mediocrità e indegnità. (Curiosamente, gli stessi che propongono questa retorica dell’eccellenza li troviamo poi a chiedersi pensosi com’è che i giovani non siano più attratti da questo o quel mestiere.)
Lodare e premiare l’eccellenza può avere un’utile funzione sociale, fornendo modelli motivanti per la gioventù in formazione, ma non può mai essere sostitutivo del più fondamentale e importante dei modelli, quello dove si coltiva semplicemente la capacità di fare bene il proprio dovere. Per quanto ciò possa suonare conservatore e poco glamour, non c’è nessun sostituto prossimo ad un modello che nutra e alimenti la dignità del lavoro come orgoglio per aver svolto il proprio dovere, senza salti mortali ed effetti speciali. Solo l’idea di dare un contributo a quell’impresa non banale che è il buon funzionamento di una società può sostenere nel tempo uno stato, una comunità, una civiltà. Uno sguardo storico all’Ethos civile delle civiltà storiche più forti e longeve (da Roma antica all’Impero Britannico) può mostrare bene come, accanto all’elogio di individualità e virtù eminenti, fosse cruciale la coltivazione dell’orgoglio di essere semplicemente parte di quell’azione collettiva, di quella forma di vita.
L’unica forma di ‘meritocrazia’ davvero indispensabile consiste nell’essere in grado di stigmatizzare efficacemente ed eventualmente punire i ‘free riders’, gli opportunisti neghittosi che, all’ombra del contributo dei più, si scavano nicchie di nullafacenza. Un sistema deve cioè essere sempre in grado di eliminare, per così dire, la ‘morchia sul fondo del barile’, in quanto per valorizzare chi fa il proprio dovere deve stigmatizzare chi ad esso si sottrae intenzionalmente.
Ciò ci porta alla terza e ultima ragione della nequizia di una retorica dell’eccellenza.
Mentre riconoscere le componenti subottimali di un sistema, come i free riders, è compito relativamente facile, riconoscere l’eccellenza è un compito estremamente arduo e mai sistematizzabile in modo efficiente. L’eccellenza, per natura, è ciò che è fuori dall’ordinario in quanto presenta caratteristiche supplementari ed eccedenti rispetto alla norma. Per questa ragione l’eccellenza fatica sempre ad essere riconosciuta come tale dalla norma. D’altro canto, solo la norma (la medietà) può formare il giudizio che in ultima istanza riconoscerà l’eccellenza. Il ‘genio incompreso’ è quasi un cliché storico, ma è un cliché fondato su infiniti esempi e su un meccanismo pressoché fatale. Ogni autentica eccellenza in quasi qualunque campo verrà sempre riconosciuta con difficoltà proprio per i suoi tratti fuori dal comune. Un sistema che si vanta di conferire riconoscimento alle sole eccellenze finisce tipicamente per diventare invece un sistema che premia solo i più conformisti e ambiziosi tra i mediocri. Una volta di più ad emergere in primo piano è un modello che, lungi dal fornire incentivi all’azione sociale, genera risentimento.
Concludendo, l’insistente richiamo all’eccellenza rappresenterà forse un valido slogan, dinamico, giovanilistico, buono per persuadere gli ignari di essere di fronte ad istanze innovatrici, ma è di fatto un modello valoriale puramente retorico, vuoto e seriamente controproducente.
A.Zhok Antropologia filosofica 2018
laparoendoscopic rendezvous in the management of cholecystocholedocholithiasis
robotic Rives procedure with Transversus Abdominis Release (TAR)
A 52 years old female underwent a complex post incisional robotic ventral hernia repair.The large defect (M3 M4 M5 Rn W2 L15cm) was due to a previous open hysteroannessectomy for carcinoma of the cervix .BMI was 32 with ASA score 2.Da Vinci Xi robotic platform was employed with bilateral 3 trocars setup.After complete lysis of all visceral adhesions the retromuscolar space was dissected up to the linea semilunaris with careful identification of the neurovascular bundles.The dissection was started at the level of the umbilicus towards the subxiphoid space and the pubis.The insufficient medial advancement of the posterior rectus sheath imposed a posterior component separation with TAR.The pre peritoneal plane was entered from within the rectus sheath incised about 0.5 cm medial to the linea semilunaris and the underlying transverses adbominis muscle was divided along its entire medial edge.The retromuscolar space was bluntly developed laterally and extended superiorly and inferiorly from the xifoid to the pubis.Once release was performed on both sides the anterior defect was reapproximated in the midline with a running barbed suture.A 20×25 Parietex mesh was employed for fenestrations in the trasversalis fascia fixed with 4 transfascial sutures and tacs in the retromuscolar space.The posterior rectus sheaths were reapproximated in the midline with a running barbed suture.Interrupted sutures were used.Closed suction drain was placed ventral to the mesh.The patient was discharged on postoperative day 4.
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia.
robotic transabdominal midline reconstruction
C.W. 69a ernia ventrale epigastrica con dia max 3.5cm con impegno omentale e vasi ombelicali associata a diastasi dei muscoli retti di medio grado.Intervento di Rives-Stoppa robotico (sec.Costa) con stapler e mesh retromuscolare ultrapro 15×13 cm,due punti cardinali transfasciali e cianoacrilato.
Grosseto Italy Marzo 2016 intervento eseguito da Luca Felicioni
Autore video e post Luca Felicioni Chirurgo UO Chirurgia generale e mininvasiva Ospedale “Misericordia” Grosseto
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia.